Storie e leggende della Riviera dei Fiori: sulle tracce dei racconti
Storie e leggende della Riviera dei Fiori: sulle tracce dei racconti
In Riviera dei Fiori si intrecciano racconti e leggende insieme alla storia millenaria dei borghi. Tra i caruggi in pietra si nascondono streghe e spiriti, mentre nei palazzi governa una principessa… Scoprite le curiosità e i luoghi più unici e affascinanti del ponente ligure attraverso le storie e le leggende della Riviera dei Fiori.
San Benedetto, la festa di Taggia
La primavera a Taggia si annuncia a febbraio con San Benedetto. Un rito dalle origini cangianti: forse una festa pagana per il passaggio di stagione, forse episodio legato alle reali vicende di scorrerie saracene del decimo secolo. Per scongiurare il pericolo dal mare, pare infatti che San Benedetto Revelli, futuro vescovo di Albenga, suggerì di accendere dei falò per illudere i pirati che la città fosse già stata assaltata. In effetti, Taggia si salvò, come accadde di nuovo nel 1625 durante la Guerra dei Trent’anni, per intercessione di San Benedetto Revelli, così vuole la leggenda.
Il parlamento di Taggia stabilì dunque che la città avrebbe festeggiato sempre la data del 12 febbraio in onore del santo. E così avviene ogni anno, quando si celebra con falò una ricorrenza portata avanti con passione e sentimento da tutta la popolazione e coronata dal sontuoso e magnifico corteo storico che, con la sua carovana di figuranti in costume, riporta a quel Medioevo di cui Taggia rilegge le pagine.
Della festa di San Benedetto fanno parte anche eccellenze gastronomiche del territorio, tra cui dolcetti tipici infornati per l’occasione e i canestrelli all’olio di oliva, specialità tipica di Taggia.
Il Ballo della Morte
Le storie e le leggende della Riviera dei Fiori vanno a braccetto a Taggia a Santa Maria Maddalena, il 22 luglio: qui si svolge un’altra antichissima festa, il Ballo della morte, legata alla confraternita dei maddalenanti. La festa prevede una tavola imbandita ma soprattutto una messa in scena tra confratelli – tutti uomini nativi di Taggia – che riprende un ballo.
È una danza di corteggiamento tra un uomo e una donna durante la quale lei, improvvisamente, muore.
Coperta di lavanda, a ricordare le spighe di grano della mietitura, la giovane resuscita e la festa può ricominciare con gioia: l’ordine naturale che alterna la stagione della vita e quella della morte, tra gli uomini come nei campi, è stato ristabilito.
Seborga: storia millenaria di un principato
Realtà o trovata mediatica? La verità sul principato di Seborga sta a metà strada. Alla fine del decimo secolo l’abate del monastero benedettino di Lerino acquistò dal conte di Ventimiglia il feudo di Seborga, che divenne Principato del Sacro Romano Impero. Seborga rimase stato sovrano fino all’acquisto di Vittorio Amedeo Secondo nel 1729. Pare che, però, questo passaggio non fu mai registrato: Seborga sarebbe quindi, ancora, un principato indipendente. Forte della zecca creata dai benedettini, che batteva moneta (i “luigini”, alcuni conservati al Museo Bicknell di Bordighera) e della storia millenaria e curiosa, Seborga porta giocosamente avanti la sua causa e, oltre ai francobolli, vanta addirittura una principessa.
Triora e le sue Streghe
Vicoli profondi, bui, pietrosi: Triora è perfetta per immaginare scene legate alla stregoneria.
Ma non solo di suggestioni è fatta la storia che lega questo borgo dell’alta Valle Argentina alle streghe. Qui, nel 1588, si svolse un sanguinoso processo alle streghe da parte del Tribunale dell’Inquisizione. Gli atti riportano di colpe assurde, per rimediare alle quali torture agghiaccianti causarono la morte di molte donne. Oggi il Museo di Triora alterna alla sua sezione etnografica ed etnostorica un percorso dedicato alla stregoneria, mentre la Cabotina, dove la leqgenda narra si ritrovassero le basure, le streghe, si affaccia sull’incantevole vallata che circonda il borgo.
La storia della michetta di Dolceacqua
Bajardo e l’antica festa del Ra Barca
È un unicum in tutta la provincia, una festa pagana che mescola la storia dei luoghi ad antichissime celebrazioni dedicate al ciclo della terra. Il Ra Barca di Bajardo va in scena ogni anno la domenica di Pentecoste per ricordare la sfortunata storia della figlia del conte locale, innamorata di un marinaio pisano arrivato a Bajardo a fare legna per le navi della Repubblica Marinara. Oppostosi alla fuga d’amore della ragazza, il padre la condannò con la decapitazione. Un macabro finale, rievocato nel rito che prevede sia tagliato e portato nel centro del paese un lungo tronco di pino, l’albero della barca, sul quale è montato un ramo più piccolo per simboleggiare la testa della fanciulla. Issato il pino in piazza, intorno al tronco si radunano gli abitanti del borgo rievocando la triste storia con un ballo e un canto.
Allori e ostie colorate
A Dolceacqua e Camporosso ogni 20 gennaio, in occasione di San Sebastiano, viene portato in processione un albero di alloro al quale sono appese ostie colorate, un rito legato al ciclo della terra che guarda alla vicina primavera.